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Genio e follia: la relazione tra intelligenza e psicopatologia

Da sempre si è cercato di capire se esistesse una relazione tra la genialità artistica e la follia, tra la creatività e la patologia mentale. Molti artisti famosi hanno sofferto di disturbi psichici, come Van Gogh, Schumann, Nietzsche, Dostoevskij, Poe, Woolf, Plath, e molti altri. Si tratta di una semplice coincidenza, o c’è un legame causale tra il talento e la malattia? Quali sono le teorie e le evidenze scientifiche che cercano di spiegare questo fenomeno? E quali sono le implicazioni etiche e sociali di questa questione?

Genio e follia nella storia
Il tema della relazione tra genio e follia ha affascinato e tormentato il pensiero occidentale da millenni. Già Aristotele, nel suo Problema XXX, si chiedeva perché tutti gli uomini eccezionali, nelle attività filosofiche, politiche, artistiche e letterarie, avessero un temperamento malinconico, e alcuni fossero addirittura affetti da stati patologici¹. Il filosofo greco riteneva che la malattia non fosse la causa della genialità, ma che fosse la stessa grandezza dell’individuo a permettergli di superare la malattia.
Nel Medioevo, la follia era vista come un qualcosa di oscuro, di proibito, di demoniaco, e veniva condannata e repressa dalla Chiesa e dalla società. Nel Rinascimento, invece, la follia veniva considerata come una forza rivelatrice, soprattutto nelle arti e nella letteratura. Erasmo da Rotterdam, nel suo Elogio della follia, esaltava l’importanza della follia per la felicità umana, e la considerava come colei che dona piacere e allegria. L’arte veniva vista come una forma di espressione della creatività e della libertà individuale.
Nel Romanticismo, il concetto di follia si lega strettamente a quello di genialità, e diventa una condizione necessaria per la creazione artistica. Il genio-folle è un soggetto incompreso dalla società, destinato alla sofferenza e all’isolamento, ma anche capace di raggiungere vette sublimi di bellezza e di verità. Il genio-folle è un eroe tragico, che sacrifica la propria vita per la propria arte.
Tra l’Ottocento e il Novecento, con l’avvento della psicologia e della psichiatria, iniziano i primi studi scientifici sulla correlazione tra patologia e creatività. Nasce l’Art Brut, un termine coniato per indicare la produzione artistica che si sviluppa all’interno dei manicomi, al di fuori delle regole e dei canoni dell’arte ufficiale. Si scopre che molti pazienti psichiatrici hanno una spiccata capacità espressiva e artistica, che utilizzano come forma di terapia e di comunicazione.

Le teorie e le evidenze scientifiche
Nel corso del tempo, sono state formulate diverse teorie per cercare di spiegare la relazione tra genio e follia, tra arte e psicopatologia. Alcune di queste sono:
  • la teoria della degenerazione: secondo questa teoria, proposta da Cesare Lombroso, il genio è una forma di degenerazione ereditaria, che porta a una predisposizione alla follia. Il genio sarebbe quindi una manifestazione patologica, che si accompagna a una serie di stigmate fisiche e psichiche, come la sproporzione cranica, la miopia, l’epilessia, la nevrosi, la depressione, il suicidio.
  • la teoria della malattia maniaco-depressiva: secondo questa teoria, proposta da Emil Kraepelin, il genio è una forma di malattia maniaco-depressiva, che alterna fasi di euforia e di depressione. Il genio sarebbe quindi una manifestazione ciclica, che si esprime in periodi di grande creatività e di grande sofferenza. Questa teoria è stata confermata da numerosi studi che hanno evidenziato una maggiore frequenza di disturbo bipolare tra gli artisti e gli scrittori.
  • la teoria della schizofrenia latente: secondo questa teoria, proposta da Ernst Kretschmer, il genio è una forma di schizofrenia latente, che non si manifesta in modo evidente, ma che conferisce una maggiore sensibilità e una maggiore originalità. Il genio sarebbe quindi una manifestazione subliminale, che si esprime in una visione del mondo diversa e innovativa. Questa teoria è stata supportata da alcuni studi che hanno mostrato una maggiore frequenza di personalità schizotipica e di schizofrenia tra gli artisti e i musicisti.
  • la teoria della dopamina: secondo questa teoria, proposta da Nancy Andreasen, il genio è una forma di iperattività dopaminergica, che aumenta la capacità di associazione e di combinazione di idee. Il genio sarebbe quindi una manifestazione neurochimica, che si esprime in una maggiore flessibilità e una maggiore creatività. Questa teoria è stata corroborata da alcuni studi che hanno evidenziato una maggiore attivazione dei circuiti dopaminergici nel cervello degli individui creativi.
Le implicazioni etiche e sociali
La questione della relazione tra genio e follia, tra arte e psicopatologia, solleva una serie di implicazioni etiche e sociali, che riguardano la definizione, la valutazione e il trattamento della creatività e della patologia. Alcune di queste sono:
  • la definizione di creatività e di patologia: come si può definire e misurare la creatività e la patologia? Esistono dei criteri oggettivi e universali, o si tratta di costruzioni soggettive e culturali? Chi decide cosa è creativo e cosa è patologico, e con quali scopi e interessi?
  • la valutazione della creatività e della patologia: come si può valutare e apprezzare la creatività e la patologia? Si può giudicare l’opera d’arte indipendentemente dalla vita dell’artista, o si deve tenere conto del suo contesto biografico e psicologico? Si può ammirare il genio senza condannare la follia, o si deve accettare il binomio come un tutt’uno inscindibile?
  • il trattamento della creatività e della patologia: come si può trattare e curare la creatività e la patologia? Si deve intervenire sulla patologia per alleviare la sofferenza dell’individuo, o si deve rispettare la sua natura e la sua espressione? Si deve stimolare la creatività per favorire il benessere dell’individuo, o si deve controllare la sua potenzialità e la sua pericolosità?
Non esiste una risposta univoca, ma una serie di teorie e approcci che cercano di gettare luce su questo intricato legame tra la mente creativa e la mente disturbata. La comprensione di questa relazione può contribuire non solo alla nostra visione dell’arte e della creatività, ma anche alla percezione e al trattamento delle malattie mentali.

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