sabato 16 marzo 2024

Perché non ti difendi?

Ti sei mai trovato in una situazione in cui qualcuno ti ha fatto del male, fisicamente o psicologicamente, e tu non hai reagito? Ti sei sentito impotente, colpevole, frustrato o arrabbiato con te stesso? Ti sei chiesto perché non ti sei difeso?
Se la risposta è sì, sappi che non sei il solo. Molte persone, di fronte a un’aggressione, subiscono passivamente, senza opporre resistenza o difendersi. Questo comportamento, che può sembrare irrazionale o masochista, ha in realtà delle spiegazioni psicologiche che vale la pena conoscere.

Le cause della passività
Ci sono diversi fattori che possono influenzare la nostra capacità di difenderci in una situazione di conflitto. Alcuni di questi sono:
La paura: la paura è una reazione naturale e adattiva di fronte a una minaccia. Tuttavia, quando la paura è eccessiva o ingiustificata, può paralizzarci e impedirci di agire. La paura può essere legata al rischio di subire conseguenze negative, come violenza, rifiuto, umiliazione, perdita di affetto o stima, ecc. La paura può anche essere generata da credenze irrazionali, come il dovere di piacere a tutti, il bisogno di approvazione, la paura di sbagliare, ecc.
La bassa autostima: la bassa autostima è la valutazione negativa di sé, delle proprie capacità, dei propri meriti e dei propri diritti. Chi ha una bassa autostima tende a svalutarsi, a criticarsi, a sentirsi inferiore o inadeguato/a. Questo può portare a non riconoscere il proprio valore, a non esprimere le proprie opinioni, a non far valere le proprie esigenze, a non opporsi alle ingiustizie o agli abusi. Chi ha una bassa autostima può anche temere di perdere l’affetto o il rispetto degli altri se si difende, o di non meritare di essere trattato/a bene.
L’abitudine: l’abitudine è la tendenza a ripetere gli stessi comportamenti in modo automatico, senza riflettere o valutare le alternative. L’abitudine può essere il risultato di un’educazione repressiva, in cui si è imparato a obbedire, a non contraddire, a non protestare, a non esprimere le proprie emozioni. L’abitudine può anche essere il frutto di esperienze traumatiche, in cui si è subito violenza, abuso, manipolazione, o si è assistito a situazioni simili. In questi casi, la passività può essere vista come una strategia di sopravvivenza, per evitare ulteriori danni o punizioni.
La confusione: la confusione è lo stato di incertezza, dubbio, disorientamento, che impedisce di capire cosa sta succedendo, cosa si prova, cosa si vuole, cosa si deve fare. La confusione può essere provocata da situazioni ambigue, contraddittorie, inaspettate, che mettono in crisi le nostre aspettative, i nostri valori, i nostri schemi mentali. La confusione può anche essere indotta da persone che usano tecniche di manipolazione, come la negazione, la distorsione, la colpevolizzazione, la seduzione, ecc. In questi casi, la passività può essere una conseguenza della mancanza di chiarezza, di consapevolezza, di assertività.

Le conseguenze della passività
La passività, sebbene possa sembrare una soluzione facile o conveniente in alcune situazioni, ha delle conseguenze negative sia per chi la subisce che per chi la esercita:
Il danno: è la sofferenza che si subisce a causa dell’aggressione. Il danno può essere fisico, come ferite, malattie, dolori, ecc. Il danno può anche essere psicologico, come ansia, depressione, stress, trauma, ecc. Il danno può anche essere sociale, come isolamento, discriminazione, esclusione, ecc. Il danno può anche essere morale, come perdita di dignità, di rispetto, di fiducia, ecc.
La rabbia: la rabbia è l’emozione che si prova quando si percepisce un’ingiustizia, un’offesa, una violazione dei propri diritti o dei propri valori. La rabbia è una reazione naturale e sana, che ci spinge a difenderci, a reagire, a cambiare la situazione. Tuttavia, quando la rabbia non viene espressa o canalizzata in modo adeguato, può diventare tossica e dannosa. La rabbia può essere repressa, accumulata, trasformata in risentimento, odio, vendetta. La rabbia può anche essere proiettata, scaricata, sfogata su persone o oggetti innocenti o indifesi. La rabbia può anche essere auto-diretta, trasformata in autocritica, colpa, vergogna, autolesionismo.
La dipendenza: la dipendenza è la condizione di chi non riesce a gestire autonomamente la propria vita, le proprie scelte, i propri problemi, e si affida a qualcuno o qualcosa che lo/la controlla, lo/la domina, lo/la sfrutta. La dipendenza può essere materiale, come il bisogno di denaro, di beni, di servizi, ecc. La dipendenza può anche essere emotiva, come il bisogno di affetto, di attenzione, di approvazione, ecc. La dipendenza può anche essere psicologica, come il bisogno di sicurezza, di stabilità, di senso, ecc. La dipendenza può anche essere comportamentale, come il bisogno di seguire delle regole, dei rituali, delle abitudini, ecc.

Come uscire dalla passività
La passività non è una condanna: si può cambiare, se si vuole e se si sa come fare. Ci sono dei passi che si possono seguire per uscire dalla passività e diventare più attivi, più assertivi, più liberi:
Riconoscere la passività: il primo passo è prendere coscienza della propria passività, delle sue cause, delle sue conseguenze. Si tratta di analizzare le proprie esperienze, i propri comportamenti, i propri sentimenti, i propri pensieri, e capire in quali situazioni si è passivi, con chi, perché, come, cosa si prova, cosa si pensa, cosa si ottiene, cosa si perde. Si tratta anche di confrontarsi con le proprie paure, le proprie credenze, le proprie abitudini, e valutare se sono realistiche, razionali, funzionali, o se invece sono eccessive, irrazionali, disfunzionali.
Decidere di cambiare: il secondo passo è volere cambiare, motivarsi, impegnarsi. Si tratta di stabilire degli obiettivi, dei piani, delle strategie, per modificare la propria passività. Si tratta anche di cercare delle risorse, dei supporti, degli aiuti, che possano facilitare il cambiamento. Si tratta soprattutto di credere in se stessi, nella propria capacità, nella propria volontà, nel proprio diritto, di cambiare.
Agire in modo assertivo: il terzo passo è mettere in pratica il cambiamento, agendo in modo assertivo. L’assertività è la capacità di esprimere se stessi, le proprie opinioni, le proprie emozioni, le proprie esigenze, in modo chiaro, diretto, rispettoso, senza aggredire o sottomettersi. L’assertività implica anche saper ascoltare, capire, accettare, il punto di vista, il comportamento, gli interessi, degli altri. L’assertività comporta anche saper dire di no, rifiutare, negoziare, risolvere i conflitti, in modo costruttivo, senza subire o imporre. L’assertività comporta infine saper difendersi, proteggersi, valorizzarsi, senza temere o offendere.

Alcuni esempi di assertività
Per rendere più chiaro il concetto di assertività, ecco alcuni esempi di come si può agire in modo assertivo in diverse situazioni:
Se qualcuno ti insulta, ti umilia, ti offende, puoi difenderti dicendo: “Non accetto che tu mi parli così. Trovo il tuo comportamento inappropriato e offensivo. Ti chiedo di smettere o di andartene.”
Se qualcuno ti chiede un favore che non vuoi o non puoi fare, puoi rifiutare dicendo: “Mi dispiace, ma non posso accontentarti. Ho altre priorità, impegni, preferenze. Ti prego di rispettare la mia scelta.”
Se qualcuno ti propone qualcosa che non ti piace o non ti interessa, puoi negoziare dicendo: “Grazie per la tua proposta, ma non mi convince. Preferirei fare altro, diversamente, altrove. Cosa ne pensi?”
Se qualcuno ti fa un complimento, ti ringrazia, ti apprezza, puoi valorizzarti dicendo: “Grazie per il tuo complimento, ringraziamento, apprezzamento. Sono contento/a che ti sia piaciuto/a il mio lavoro, il mio aiuto, il mio contributo. Mi fa piacere ricevere il tuo feedback positivo.”

Come migliorare la propria assertività
L’assertività non è una qualità innata, ma una competenza che si può apprendere, allenare, migliorare. Ci sono dei modi per aumentare la propria assertività, come:
Informarsi: significa acquisire delle conoscenze, delle informazioni, delle competenze, che possano aiutare a capire meglio se stessi, gli altri, le situazioni, le dinamiche, le soluzioni. Informarsi significa anche documentarsi, studiare, leggere, ascoltare, guardare, tutto ciò che possa arricchire la propria cultura, il proprio bagaglio, il proprio punto di vista.
Formarsi: partecipare a dei corsi, dei seminari, dei workshop, dei laboratori, che possano insegnare delle tecniche, dei metodi, degli strumenti, per migliorare la propria comunicazione, la propria relazione, la propria gestione delle emozioni, dei conflitti, dei problemi. Formarsi significa anche esercitarsi, praticare, simulare, sperimentare, tutto ciò che possa consolidare la propria abilità, la propria sicurezza, la propria efficacia.
Consultarsi: chiedere il parere, il consiglio, il sostegno, di persone competenti, esperte, qualificate, che possano offrire una visione, una guida, una supervisione, per affrontare le proprie difficoltà, i propri dubbi, i propri ostacoli. Consultarsi significa anche affidarsi, delegare, collaborare, con persone fidate, disponibili, solidali, che possano fornire una mano, una spalla, una rete, per superare le proprie paure, le proprie resistenze, le proprie limitazioni.

L’assertività è una competenza che si può apprendere, allenare, migliorare.
Ti auguro di trovare la tua assertività, di usarla, di godertela. Ti auguro di difenderti, di rifiutare, di negoziare, di risolvere. Ti auguro di esprimerti, di comunicare, di relazionarti. 
Ti auguro di essere assertivo, di essere libero.

Nessun commento:

Posta un commento