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L'evoluzione della psicologia criminale: dal passato al presente


La psicologia criminale è una disciplina che si occupa di studiare le cause, le caratteristiche e le conseguenze dei comportamenti devianti e antisociali. Si tratta di una branca della psicologia applicata che si avvale di diverse scienze sociali, come la sociologia, la criminologia, il diritto e la medicina legale.
La psicologia criminale ha avuto una lunga e complessa evoluzione storica, che ha visto il susseguirsi di diverse teorie, scuole e approcci. In questo articolo, ripercorreremo le tappe principali di questo percorso, dal passato al presente.

Le origini della psicologia criminale
Le prime riflessioni sulla natura e le cause del crimine risalgono all’antichità, quando filosofi, giuristi e medici cercavano di spiegare il comportamento umano in base a fattori naturali, morali o religiosi. Tuttavia, si può parlare di una vera e propria psicologia criminale solo a partire dal XVIII secolo, con l’affermarsi della scuola classica del diritto penale.
La scuola classica, rappresentata da pensatori come Cesare Beccaria e Jeremy Bentham, si basava sul principio del libero arbitrio e della responsabilità individuale. Secondo questa visione, il crimine era il risultato di una scelta razionale e volontaria, motivata dal calcolo dei costi e dei benefici. Il ruolo della psicologia criminale era quindi quello di analizzare le motivazioni, le intenzioni e le circostanze che portavano una persona a commettere un reato.

La scuola positiva e l’antropologia criminale
La scuola classica fu messa in discussione dalla scuola positiva, che si sviluppò tra il XIX e il XX secolo, in concomitanza con il progresso delle scienze naturali e biologiche. La scuola positiva, rappresentata da studiosi come Enrico Ferri, Raffaele Garofalo e Cesare Lombroso, si basava sul principio del determinismo e della causalità. Secondo questa visione, il crimine era il prodotto di fattori biologici, psicologici e sociali, che condizionavano il comportamento umano. Il ruolo della psicologia criminale era quindi quello di individuare le caratteristiche, le anomalie e le patologie che rendevano una persona predisposta al crimine.
Tra i fondatori della scuola positiva, il più noto e influente fu Cesare Lombroso, considerato il padre dell’antropologia criminale. Lombroso sosteneva che esistesse una tipologia di criminali nati, caratterizzati da tratti fisici e psichici che li rendevano simili agli uomini primitivi. Lombroso si dedicò allo studio dei cadaveri e dei viventi, misurando e catalogando le loro caratteristiche anatomiche, fisiologiche e psicologiche. Tra i segni distintivi del criminale nato, Lombroso individuò: la mandibola sporgente, il cranio asimmetrico, le orecchie a sventola, il naso adunco, il tatuaggio, la scarsa sensibilità al dolore, l’impulsività, la crudeltà, la vanità, la pigrizia e la superstizione.
La scuola positiva e l’antropologia criminale furono criticate da diversi autori, che evidenziarono le loro limitazioni metodologiche, etiche e ideologiche. Tra le principali critiche, vi erano: la mancanza di rigore scientifico, la confusione tra correlazione e causalità, la stigmatizzazione e la discriminazione dei criminali, la giustificazione del razzismo e del colonialismo, la negazione della libertà e della dignità umana.

La psicologia criminale e le teorie sociali
A partire dal XX secolo, la psicologia criminale si aprì a nuove prospettive, che integravano e superavano l’approccio biologico e deterministico. Tra queste, le più rilevanti furono le teorie sociali, che si occupavano di studiare il ruolo della società, della cultura e dell’ambiente nel generare e prevenire il crimine. Tra le principali teorie sociali, possiamo citare:
  • La teoria della devianza, che sosteneva che il crimine fosse una forma di deviazione rispetto alle norme e ai valori dominanti nella società. Secondo questa teoria, il comportamento criminale era influenzato da fattori come la pressione sociale, la subcultura, la scelta razionale e il controllo sociale.
  • La teoria dei conflitti culturali, che sosteneva che il crimine fosse una forma di conflitto tra gruppi sociali diversi per etnia, classe, religione o ideologia. Secondo questa teoria, il comportamento criminale era influenzato da fattori come la discriminazione, la marginalizzazione, la frustrazione e la ribellione.
  • L’approccio individualistico, che sosteneva che il crimine fosse una forma di espressione della personalità, delle emozioni e dei bisogni dell’individuo. Secondo questo approccio, il comportamento criminale era influenzato da fattori come il temperamento, l’intelligenza, il carattere, il trauma e la psicopatologia.
La psicologia criminale e investigativa oggi
Oggi la psicologia criminale è una disciplina matura, che si avvale di metodi e strumenti scientifici avanzati, come le neuroscienze, la genetica, la statistica, la psicometria e la psicoterapia. La psicologia criminale si occupa di studiare i fenomeni criminali in tutte le loro sfaccettature, considerando sia i fattori individuali che quelli sociali, sia le cause che le conseguenze, sia la prevenzione che l’intervento.
Tra le principali applicazioni della psicologia criminale, vi è la psicologia criminale e investigativa, che si occupa di collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura per risolvere i casi di crimine. La psicologia criminale e investigativa si occupa di:
  • Tracciare il profilo psicologico del colpevole, basandosi su indizi, testimonianze e analisi comportamentali.
  • Interrogare i sospetti, i testimoni e le vittime, utilizzando tecniche di comunicazione, persuasione e rilevazione della menzogna.
  • Valutare la credibilità e la veridicità delle dichiarazioni, attraverso l’analisi del linguaggio verbale e non verbale.
  • Sostenere le vittime e i familiari, offrendo loro supporto psicologico, consulenza e terapia.
  • Preparare le perizie e le consulenze tecniche, fornendo pareri e giudizi scientifici sui casi di crimine.
L'evoluzione della psicologia criminale è ancora lontana dal suo punto di arrivo: i cambiamenti sociali e le nuove tecnologie la rendono una disciplina in continua evoluzione, che si confronta con nuovi scenari, problemi e opportunità. 

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